Amici e simpatizzanti di Politica,
c’è una ridda di pensieri e non va bene. A partire da me devo mettere in conto e riconoscere onestamente che l’ansia, quando arriva, mi attanaglia. Di ciò e di molto altro più direttamente parla la saggista ed economista Loretta Napoleoni, nel suo ultimo libro, uscito ad aprile, “Technocapitalism The Rise of News Robber Barons and the Fight for Common Good” edizioni Seven Stories Press U.S. L’ansia del presente futuro sta colpendo un po’ tutte le generazioni. Comincio dalla mia, quella dei settanta compiuti, con gli acciacchi che arrivano. e che devono fare i conti con “i vecchi” di casa. L’Italia è il paese europeo con il numero più alto di anziani e con le culle più vuote. Noi siamo “i disconnessi”, ci sforziamo di stare al passo, ma non è così semplice. Vorremmo goderci la pensione, purtroppo non è così facile. Ci sentiamo ancora giovani, ma non è poi tanto vero. Accanto e appresso a noi ci sono “gli schiacciati”, che sono i nostri figli. Al solo vederli ti coglie lo sciupon, un colpo al cuore. Corrono, corrono così tanto che non hanno le forze di stare dietro ai loro figli, nostri nipoti, che sono appena adolescenti o bambini, se non addirittura divezzini che si devono trasportare nei passeggini. Diciamo la verità, non possiamo non rimboccarci le maniche, ma per farlo occorre che il nostro cuore sia passabilmente sereno, perché, Dio non voglia, se questo muscolo che pompa fosse un coagulo di dolore, come riflette papa Francesco, porterebbe solo estraneazione, danno e veleno. Dobbiamo ri-pensarci e lo spiega molto bene Ferruccio De Bortoli in un articolo apparso il 15 maggio sul “Corriere della Sera” e che purtroppo non possiamo condividere, inserendolo nel sito. Se riuscite a trovarlo ne consiglio la lettura il titolo è:“Demografia non è questione (solo) di più figli: una società che invecchia deve ripensare se stessa”. Infine ci sono i giovani, fascia d’età, 18-34 e i giovani adulti, di 35-44 anni.
Molti appartenenti a queste due fasce costituiscono la schiera dei disincantati. E non credono più a niente e a nessuno. E non vanno neanche a votare. Ma non sono tutti così. Ci sono anche “gli impegnati”, come lo sono gli studenti coinvolti nell’intifada studentesca, che nel capoluogo piemontese stanno creando un po’ di problemi ai rispettivi Rettore dell’Università e del Politecnico. La preoccupazione più nascosta è che fra i giovani vi possano essere sobillatori. In Città e, in modo creativo, sono riusciti a fare della Mole, monumento simbolo di Torino, lo schermo cittadino su cui esternare il loro pensiero. La protesta da accampati che, trascorsa la Nakba, continua e punta ad arrivare al primo giugno, tuttavia non “monta”.
Le preoccupazioni di certa e dubbia strumentalizzazione comunque permangono come, per esempio, quella descritta dalla docente universitaria, Daniela Santus, nella lettera aperta rivolta all’ iman Brahim Baya, apparsa su “Il Foglio” del 23 maggio e qui riportata. A ciò e per contro, su altro piano, il riconoscimento da parte di Spagna, Norvegia e Irlanda dello Stato della Palestina a partire dal prossimo 28 maggio. Altra protesta giovanile, meglio si direbbe femminile, si è verificata nel corso degli Stati generali sulla Natalità, avvenuti dal 9 al 10 maggio a Roma. In questo caso e in quel frangente ha fatto molto parlare la reazione della ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, Eugenia Roccella. La rappresentante governativa di fronte a un gruppetto di poco più di una ventina di persone, sentendosi contestata, si è alzata e se ne è andata.
Questo tipo di dissenso per la delicatezza del problema, ossia le culle vuote nel Paese, comporta che sulla 194 del 1978 la guardia sia tenuta sempre alta. Con questa legge si tutela il principio di autodeterminazione e di salute della donna che, con dolore, ma nella sicurezza della legalità, affronta un particolare momento e un’incresciosa situazione. Ed è una legge opportuna. Certo che non ci si può assuefare ai sei milioni di aborti avvenuti in 46 anni, come afferma Marina Casini, presidente del Movimento per la vita, ma neanche essere acquiescenti al fatto che i consultori non funzionino come dovrebbero. E non solo questo. Qui mi limito a citare il livello di istruzione.
Siamo tra i paesi europei quello con il minor numero di laureati. I numeri vanno sempre analizzati. L’uso dei contraccettivi, per esempio, e per tornare alla denatalità, ha fatto sì che nel tempo, sempre meno italiane abbiamo fatto ricorso alla pratica abortiva. E qui mi fermo. A proposito di italiane e italiani, infine, una piccola considerazione e un invito. La considerazione è la seguente. È bene ricordare che i cittadini italiani che con il loro voto hanno dato vita all’attuale Governo, in carica da poco più di 18 mesi, non rappresentano la maggioranza degli aventi diritto. E di fronte al doppio scivolone di questo fine settimana della presidente del Consiglio, prima al Festival dell’Economia a Trento eppoi, domenica 26, nel corso della trasmissione “Mezz’ora” su Rai tre, non si può non dire, non si può non reagire!
Mi dispiace Giorgia nazionale che vuoi cambiare l’Europa, in modo diverso dall’attuale. Non si può portare avanti come battaglia di partito “il premierato”, ritenuta la madre di tutte le riforme, eppoi, traballando sin d’ora l’esito referendario della volontà popolare, che non lo approverebbe, uscirsene fuori, con battute così: “O la va o la spacca” “E chissene importa, io non mi dimetto”. Qui potete leggere l’articolo di Mario Lavia, “ O la va o se ne frega! Lo spregiudicato azzardo politico di Meloni sul premierato, pubblicato il 27 maggio su Linkiesta.it. Hai detto alla tivù, per aggiustare il pastrocchio del giorno prima:“ Non mi fa paura l’idea del referendum e non lo considero un referendum su di me. Lo considero un referendum sul futuro dell’Italia. Io arriverò alla fine dei cinque anni e chiederò agli italiani di essere giudicata”. Se il doppio standard che ti caratterizza è ormai da tempo ampiamente emerso, pur tuttavia, affermazioni del genere lasciano esterrefatti. E tu che sei donna, madre e cristiana, sei anche altro, molto ben altro ancora. Porta pazienza. L’assetto costituzionale del nostro Paese si regge su pesi e contrappesi. Lo sanno anche gli scolari e a tutto c’è un limite. Se poi si ricopre un ruolo istituzionale, ancora di più. Si vede che una certa ansia ti soverchia.
Ora l’invito. Questo è rivolto al partito degli astenuti, il più folto del Paese. Mi permetto di dir loro di andare a votare. Ce n’è di bisogno per continuare ad avere, pur con tutti i limiti e le correzioni che è opportuno apportare, un’Europa diversa da quella auspicata dalla Meloni. Un’Europa che tenga fede alle promesse di pace e sappia far fronte a Stati Uniti, Russia e Cina. Un’Europa giusta, prospera, unita e solidale. In Piemonte si vota anche per le regionali. Un in bocca al lupo a Gianna Pentenero, candidata a presidente e a tutte e a tutti buon doppio voto.
Grazie.
Con stima e simpatia
Adriana Vindigni